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VENDICARCI DI CHI CI HA FERITO
Ormai sta diventando un’abitudine quella di prendere spunto dai miei post su Facebook per scrivere articoli del blog e così faccio anche questa settimana. Il post in questione era un invito a rispondere alla seguente domanda: Da dove viene la tendenza a vendicarci e ferire quando ci sentiamo feriti?Ci sono stati diversi commenti e molti hanno indicato la risposta corretta, vale però la pena di dedicare qualche riga per comprendere meglio la questione.
Intanto esistono diversi modi per vendicarci di qualcuno che ci ha ferito e la modalità che utilizziamo dipende dal nostro carattere che a sua volta discende dal temperamento di base e dalle esperienze infantili che hanno modellato il carattere che oggi ci ritroviamo. Semplificando e prendendo solo gli estremi si passa dalla reazione vendicativa del carattere estroverso collerico che può essere anche violenta a quella dell’introverso sentimentale che si tiene tutto dentro, ma che potrebbe essere anche più distruttiva di quella del collerico.
Possono far paura le reazioni violente che scattano in una persona collerica quando si sente ferita o tradita, ma la rabbia ha un aspetto positivo, quello della comunicazione. Ovvio che se non c’è una presa di coscienza e le modalità reattive non cambiano, alla fine può essere deleterio per il rapporto, ma se dopo l’esplosione della rabbia subentra la riflessione e la saggezza, può essere più facile comunicare e condividere il proprio sentire per giungere a una riappacificazione.
Opposto è il caso della persona introversa sentimentale che quando si sente ferita tende a chiudersi e tenersi tutto dentro. In quel caso la rabbia può essere più devastante per chi la vive, ma anche per chi la subisce e per il rapporto. La chiusura, a volte il gelo e il silenzio sono una forma di vendetta che nascondono una dura punizione: l’abbandono. Non ti parlo più, divento freddo, distaccato come se non mi interessasse più di te, come se non ti amassi più. In fondo è una forma di abbandono un po’ vigliacca: non ho il coraggio di lasciarti davvero e allora ti faccio sentire che ti ho abbandonato anche se fisicamente sono qui (così non perdo la mia sicurezza). L’obiettivo, più o meno conscio, è farti sentire la paura dell’abbandono e spingerti ad essere tu a cercarmi per paura di perdermi. Anche in questo caso però, se sopravviene la saggezza e si ha la maturità emotiva di lasciare andare l’istinto vendicativo, dopo un certo tempo si può superare il momento di chiusura andando a cercare una comunicazione costruttiva con l’altro. È evidente che anche questo tipo di vendetta è una forma reattiva ad una grande ferita interiore. Così come quella del collerico, entrambe possono portare alla fine di un rapporto se non vengono comprese, accolte e guarite
Quando parliamo di vendetta, di desiderio, spesso inconscio, di ferire, si parla di emozioni e quindi si parla di caratteri soprattutto emotivi. Chi vive di emozioni nell’essere umano? Solo il Sé istintivo, la nostra componente più animale, e infatti chi conosce gli animali, chi ci lavora, o chi li frequenta solo per piacere sa che tutti gli animali vivono quasi esclusivamente di emozioni: amore, rabbia, paura, dolore, gioia, insicurezza, aggressività, e così via. La vendetta è un’espressione della rabbia di fronte a un torto o un’ingiustizia subiti ed è una delle emozioni più forti. Inoltre la rabbia è una conseguenza del dolore. L’animale che subisce un torto o un’ingiustizia o una cattiveria gratuita, si sente ferito e se quel torto viene ripetuto ecco che subentra la rabbia e il desiderio di vendetta che deriva, in ultima analisi, dall’istinto di sopravvivenza. È ampiamente conosciuta a questo proposito la capacità degli elefanti di ricordare un torto subito e di vendicarsi anche dopo anni dall’evento.
Il Sé istintivo dell’essere umano (quello che alcuni chiamano bambino interiore senza però comprendere bene tutte le implicazioni, le caratteristiche, le finalità e le potenzialità del Sé istintivo), come quello di un qualsiasi altro animale, non ragiona perché il ragionamento è una funzione esclusiva del Sé mentale. Così quando il Sé istintivo si sente ferito scatta la reazione emotiva perché quando il Sé mentale e il Sé istintivo sono in conflitto chi vince è sempre l’emozione del Sé istintivo e il Sé mentale non ha alcuna possibilità di controllarlo.
Nel caso dell’essere umano poi, non è affatto detto che la reazione di vendetta scatti a fronte di un vero torto subito. Ad esempio, capita molto spesso che un Sé istintivo con una grande ferita emozionale subita nell’infanzia viva continuamente nell’ansia di abbandono e quell’ansia lo porterà a reagire emotivamente anche di fronte a semplici eventi che non sono torti, ma che lui interpreta come tali. Ciò che conta per il Sé istintivo non sono solo i fatti, per lui è sufficiente la sua percezione dei fatti, anche se non corrisponde ai fatti realmente accaduti.
Come ho descritto nel libro Le 3 Menti Inconsce, Sé istintivo e Sé mentale, pur coesistendo nell’essere umano e pur avendo come finalità ultima e comune la sopravvivenza dell’individuo e della specie, sono però soggetti distinti ed indipendenti. Se nell’infanzia abbiamo vissuto traumi, abbandoni, ingiustizie e condizionamenti, ecco che l’obiettivo comune viene diversamente interpretato dai due Sé, portando a manifestare obiettivi diversi e, spesso, in conflitto tra loro. È così che l’istinto di vendetta del Sé istintivo, pur riconosciuto razionalmente da un Sé mentale maturo come qualcosa di ingiusto e dannoso, ha il sopravvento e così adottiamo comportamenti che non ci piacciono e che vorremmo evitare.
Cosa fare quando ci sentiamo feriti? La reazione istintiva prima di dolore e poi di vendetta c’è e non possiamo negarla. La cosa più saggia da fare è rendercene conto, accogliere il dolore del Sé istintivo e prenderci cura di lui. L’altro, chi ci ha ferito è solo un mezzo che ci ha mostrato una nostra ferita che, se non curata, tenderà ad attirare altre situazioni simili. Nel libro citato spiego come parlare col Sé istintivo e come sciogliere l’emozione. Quello è il primo passo. Chi ha frequentato i miei corsi sa poi come utilizzare un metodo sicuro per guarire la ferita emozionale e fare in modo che non ci procuri più tutto quel male.
In qualsiasi rapporto una comunicazione etica è essenziale per il benessere della relazione. Nel caso di una ferita percepita, se non siamo neppure certi che ci sia stato fatto un vero torto, allora a maggior ragione è importante comunicare con l’altro per condividere ciò che proviamo. Condividere le nostre paure è un atto di coraggio. È molto più forte una persona che sa accogliere e condividere le proprie paure che un guerriero di gesso capace di andare in mille pezzi di fronte ad un problema reale.
La comunicazione è sempre la via ottimale per risolvere qualsiasi conflitto, sia esso un conflitto tra nazioni, tra inquilini, tra partner e, soprattutto, tra le coscienze che coesistono dentro di noi