Durante i miei corsi IWAY, molti mi chiedono: Antonio, ma come faccio a capire quando…
QUANDO SMETTI DI CERCARE
Siamo alla ricerca costante di qualcosa. Se ci osserviamo con sufficiente onestà possiamo osservare che tutta la nostra vita è spinta dal desiderio di qualcosa che non è ciò che siamo.
Questa ricerca vale per tutti, c’è chi cerca una ricchezza che non ha, c’è chi ricerca una forma fisica che non ha, chi vorrebbe una bellezza che non si riconosce, chi vorrebbe un amore che non ha o che fosse diverso da quello che ha, chi vorrebbe una carattere diverso, chi vorrebbe sentirsi più determinato o più amorevole e così via.
Ma questa ricerca non vale solo per gli aspetti più materiali ed umani (nel senso del mammifero umano), anche coloro che si sentono persone spirituali, anche chi cerca una risposta alle tante domande sul senso della vita, vorrebbe ciò che non è. C’è che vorrebbe essere dio, chi un angelo, chi l’intero universo. C’è chi vorrebbe essere puro amore, che si accontenterebbe di saper amare di più, c’è chi vorrebbe una mente silenziosa, e chi vorrebbe semplicemente sapere chi è. Ma arriveremo mai a trovare ciò che cerchiamo?
Come trovare la risposta? E perchè siamo siamo sempre alla ricerca di qualcosa?
Come spiego nel nuovo libro Le 3 Menti Inconsce, la spinta a cercare nasce da due coscienze diverse dentro di noi: è presente in forma innata nel Sè mentale ed è presente anche nella coscienza dell’Io. Ma ben diverse sono le motivazioni a tale spinta.
Il Sè mentale ha come obiettivo l’individualizzazione, mentre il Sè istintivo ha invece come obiettivo la socializzazione, e capita spesso che tali obiettivi siano in contrapposizione e generino conflitti all’interno di noi. Un Sè mentale sano ed equilibrato, porta l’individuo ad esprimere il meglio di sè e a conquistare il proprio ruolo nella società in cui vive. Il bisogno di un Sè mentale non equilibrato, quando non è mediato da un Sè istintivo emotivamente maturo, porta invece al confronto continuo, al bisogno di competere, al desiderio di primeggiare e di avere di più, per sentirsi superiore.
Questo tipo di ricerca è, evidentemente, frutto di uno squilibrio che porta la persona a non essere mai felice, a non sapersi accontentare, a consumarsi alla ricerca di quella felicità che vede solo nell’appagamento del suo desiderio.
Non ci soffermeremo su questo tipo di problematica, che è ben trattato nel libro sopra citato e che può essere affrontato e risolto con un percorso di guarigione interiore, come quello proposto nel metodo Iway.
Diverso è quando la spinta alla ricerca viene dalla coscienza dell’Io. In quel caso parliamo di una spinta evolutiva. E’ l’Anima che utilizzando quella forza primordiale, che in India chiamano Sattva, spinge l’Io a riconnettersi con la sua natura, a cercare la propria identità, a tornare verso Casa.
Entrambe le spinte però, sia quella del Sè mentale e sia quella dell’Io, contribuiscono allo stesso scopo: mettere la persona, inconsapevolmente, o consapevolmente, di fronte alle lezioni che ancora deve apprendere, o, se vogliamo usare ancora un termine più esotico, ad affrontare il proprio karma. E non mi stancherò mai di sottolineare che finchè non sarà completato il percorso di guarigione e integrazione delle coscienze inferiori (il Sè istintivo ed il Sè mentale), non si potrà arrivare ad una vera apertura alla spiritualità
Mentre però nel caso del Sè mentale, quello che deve essere attuato è un processo attivo di conoscenza, accoglienza, amore, ma soprattutto guarigione, nel caso dell’Io il processo è sostanzialmente diverso, non è più un processo attivo, ma deve essere qualcosa di passivo. La parola anglosassone “surrender”, individua al meglio lo stato in cui l’aspirante deve porsi.
Quando abbiamo guarito e integrato le coscienze inferiori, l’Io sa che tutto è Uno, sa che non esiste altro che Dio (col nome in cui lo si vuole chiamare) in manifestazione. Sa che non esiste nulla di sbagliato e che è solo il Sè mentale che separa e vede la dualità. Ma ciò significa che anche il Sè mentale con tutto il suo lavorio, anche i nostri dubbi, i nostri bisogni di sapere, anche il desiderio di meditare, altro non sono che Dio in manifestazione,
E allora perchè cercare altro? Perchè cercare uno stato diverso da ciò che si è, se tutti sono espressioni dell’unico Dio? Perchè non fermarsi estasiati davanti a ciò che siamo e non riconoscere la divinità in ogni nostra cellula, in ogni nostro pensiero, in ogni nostra azione.
Solo quando smetteremo di cercare, troveremo. Semplicemente perchè tutto già E’ e il non riconoscerlo non fa altro che allontanarci da ciò che cerchiamo. Perchè, senza saperlo, ciò che cerchiamo lo abbiamo già.