Se dunque è compito, o scelta, dell’Io prendersi cura delle tre Menti inconsce, che sia…
LE EMOZIONI POSSONO DANNEGGIARE O GUARIRE IL CERVELLO
Che i traumi, gli abusi, le ingiustizie, gli abbandoni percepiti e tutti i dolori subiti fin dai primissimi mesi di vita, anzi, addirittura anche durante la gravidanza, siano alla base di tutte le difficoltà, i problemi, le credenze limitanti, gli stati ansiosi ed i sabotaggi interiori che viviamo in età adulta, è risaputo e condiviso da tutti.
Ora però una ricerca scientifica realizzata dalla McGill University e pubblicata sull’American Journal of Psychiatry ha dimostrato che questi traumi possono provocare anche cambiamenti a livello biologico e di struttura cerebrale. Cosa vuol dire tutto questo? Se ipotizziamo che la mente sia il software del nostro computer che produce pensieri ed emozioni, cioè il nostro vivere quotidiano, e che il computer (cioè l’harware) sia il cervello, è ovvio che un computer danneggiato non potrà funzionare bene e il software rischia così di essere bloccato, o rallentato, o andare in loop, o comunque di non girare al meglio. Rapportato al nostro quotidiano significa che un cervello danneggiato non potrà permettere pensieri lucidi e razionali, magari produrrà un’esplosione di pensieri ricorrenti e limitanti, o di emozioni negative come l’ansia, la paura o la rabbia. In ogni caso il cervello non potrà elaborare al meglio le informazioni ed i risultati prodotti saranno molto probabilmente diversi dalle aspettative.
Tornando allo studio della McGill University, per studiare gli effetti delle esperienze dolorose subite nell’infanzia è stato analizzato il tessuto cerebrale di individui depressi, morti suicidi: un gruppo di questi aveva subito esperienze traumatiche durante i primi anni di vita, l’altro no. Bene, confrontando i due campioni sono state notate differenze sia a livello di espressione genica che di struttura cerebrale.
Le differenti espressioni dei geni vanno a ripercuotersi sul diametro degli assoni, che sono le lunghe fibre attraverso cui viene veicolata l’informazione che parte dai neuroni. Se il diametro di questi assoni non è ottimale è evidente che l’informazione che passa potrà non essere corretta, si potrà perdere parte del messaggio o comunque c’è il rischio che ciò che arriva a destinazione sia sostanzialmente diverso da ciò che si voleva comunicare. Immaginate cosa significa tutto questo rapportato al nostro bisogno di pensare razionalmente e di gestire al meglio le nostre emozioni?
Non sto a dilungarmi sulle altre evidenze emerse nella ricerca che ho citato, come la riduzione della corteccia cingolata anteriore, che si traduce poi in una trasmissione più lenta degli impulsi elettrici del sistema nervoso in quella precisa area. Tutte queste ulteriori scoperte non fanno altro che sottolineare le difficolta nel pensiero e nella gestione delle emozioni dovute alle esperienze dolorose vissute nell’infanzia.
Statistiche a livello mondiale riportano che un bambino su cinque ha subito un tipo di abuso in vita sua, ma sappiamo che le statistiche prendono in esame i casi conclamati. La realtà è che tutti, e dico tutti, chi più e chi meno, abbiamo vissuto esperienze dolorose quando eravamo bambini. Certo magari non abbiamo vissuto abusi sessuali, magari non abbiamo vissuto traumi fisici, ma ciò che conta non è tanto l’esperienza subita, quanto la sua percezione. Anche solo l’essere stati lasciati a piangere nella culla quando chiedevamo il calore e l’amore della mamma, per alcuni può essere stato percepito come un trauma molto importante e le sue conseguenze possono portarci oggi a non fidarci della persona amata, o a non riuscire a chiedere aiuto quando ne abbiamo bisogno.
Quali sono le considerazioni che emergono dalla ricerca americana che abbiamo citato? La prima cosa che balza subito all’occhio è l’importanza di essere genitori consapevoli. Prima di mettere alla luce un figlio, qualsiasi futuro genitore dovrebbe imparare a conoscersi, a capire quali ferite interiori e quali convinzioni limitanti potrebbero portarlo a commettere errori che poi si ripercuoterebbero sulla salute e la felicità del figlio. Crescere un figlio emotivamente maturo dovrebbe essere l’intento principale di qualsiasi coppia e, avendo ormai perso da alcune generazioni l’istinto naturale che hanno tutti i mammiferi e che garantisce la crescita ottimale dei cuccioli, non possiamo sperare di imparare ad essere buoni genitori leggendo gli articoli di una qualche rivista. Ciò che è indispensabile è una profonda auto conoscenza e l’apprendimento di un metodo utile a ripristinare il proprio equilibrio emozionale e ad acquisire il corretto bagaglio di valori etici sui bisogni di un bambino.
Un secondo spunto di riflessione riguarda la comprensione delle persone che hanno difficoltà nella propria vita sociale o che sono soggette a dipendenze più o meno debilitanti. Nel momento in cui un computer non funziona bene, non possiamo pretendere di avere risultati ottimali. Se il cervello di una persona che ha vissuto esperienze particolarmente dolorose nella sua infanzia è stato danneggiato, non possiamo pretendere che la sua capacità di pensiero e di gestire le emozioni sia pari alla nostra. Quella persona ha sicuramente più bisogno di essere compresa ed accettata piuttosto che criticata.
L’ultimo concetto che vorrei evidenziare riguarda noi stessi. Se in qualche modo il nostro cervello è stato danneggiato dalle esperienze dolorose vissute nell’infanzia, è probabile che questi malfunzionamenti siano la causa di stati emozionali che non ci fanno piacere, come ansia, paura, insicurezza, aggressività e così via. Per esperienza so però che il Sé fisico è in grado di riparare i suoi organi nel momento in cui riceve dal Sé istintivo una quantità sufficiente di ormoni del benessere come la serotonina e l’ossitocina. Sta solo a noi quindi prenderci cura del Sé istintivo, perché è lui, con le sue emozioni, a produrre ormoni “cattivi” che fanno ammalare gli organi, ma anche ormoni “buoni” che aiutano il Sé fisico a riparare i danni subiti dal corpo.