BULLISMO. QUALE LA CAUSA?

BULLISembra che gli atti di bullismo siano in continua crescita, ma soprattutto ciò che aumenta è la loro violenza. Ricordo un altro atto accaduto a Roma ad un ragazzo di 14 anni  mentre tornava a casa da scuola. È finito in ospedale e in quel caso gli assalitori erano coetanei e studenti come lui. La cosa ancora più significativa è che le vittime generalmente vengono prese di mira più e più volte. Di chi la colpa di questi episodi così cruenti e dolorosi per chi li subisce?

Prima di indagare sulle colpe dobbiamo però fare una riflessione insieme. Ci ricordiamo la nostra infanzia? Ci ricordiamo ciò che succedeva a scuola, ma anche negli oratori quando non c’era il prete o un adulto a coordinare le nostre attività?

Ci sono sempre stati episodi di bullismo, sicuramente meno eclatanti e dolorosi per le vittime, ma questi episodi sono sempre avvenuti. Magari siamo stati anche noi vittime, o forse bulli, o forse ancora abbiamo assistito, qualcuno ridendo, qualcuno soffrendo per chi stava subendo le angherie del branco. Tra i ragazzi c’è sempre quello più debole, quello che viene preso di mira, magari solo per scherzi innocenti, ma che lasciano il segno in chi li subisce.

Ho scelto di vivere in campagna e ci sono alcuni gatti che gironzolano nella zona, in cerca di cibo. Capita spesso di vedere gatte con i loro cuccioli ed è bello vedere come la mamma insegna ai gattini a cacciare. È bello vedere i cuccioli giocare tra loro e, immancabilmente, c’è sempre il più forte e quello che nei giochi subisce l’aggressività dei più forti.

Gli animali sono istintivi e, istintivamente, i cuccioli imparano a gestire le relazioni con le coccole, con i giochi, ma anche con l’aggressività, perché da adulti tutti gli animali potrebbero dover affrontare la lotta per accaparrarsi un territorio, conquistarsi una femmina, procurarsi il cibo, difendersi da qualche assalitore.

Le lotte tra fratelli o compagni sono dunque un mezzo attraverso le quali il cucciolo si forma il carattere e impara a sopravvivere.

Si, ma cosa c’entrano i giochi, anche se un po’ violenti, dei cuccioli con il bullismo? C’entrano, eccome, sono esattamente la stessa cosa. Ma come? Non siamo gatti, siamo esseri umani e da tali dovremmo comportarci.  Si, ma troppo spesso ci dimentichiamo che l’essere umano è anche un mammifero, sebbene dotato di una coscienza superiore (l’anima) che ci distingue dagli altri mammiferi che abitano il pianeta. Il problema è che, come ho scritto nei miei libri, la nostra coscienza animica dorme per circa il 95% del tempo, lasciando così che sia il mammifero umano a vivere per noi.

L’essere umano condivide con gli altri mammiferi un corpo, una coscienza emozionale (il Sé istintivo, quello che vediamo in azione nei gatti e in tutti gli animali) e un Sé mentale (che negli altri mammiferi, scimmie a parte, è solo abbozzato).

Così come il gattino gioca, salta, corre per sviluppare i muscoli del suo corpo e addestrarsi ai movimenti che dovrà fare da adulto, allo stesso modo e per lo stesso motivo il bambino sente il bisogno di correre, saltare, giocare. Sono tendenze innate in tutti i mammiferi e se non vengono vissute il corpo subisce un accumulo di cortisolo che, se non scaricato, potrebbe portare a reazioni aggressive.

Allo stesso modo, così come il cucciolo del gatto si diverte a giocare con le lucertole in modo quasi sadico, fino ad ucciderle, e a lottare per dimostrare di essere il più forte, con i suoi fratellini e gli amici, per diventare un abile cacciatore da adulto, così  Il Sé istintivo del bambino vive le medesime spinte emozionali. Lotte e giochi aggressivi fanno parte delle pulsioni istintive di qualsiasi bambino, sono guidate dalla natura per far maturare il Sé istintivo e permetterci di essere adulti emozionalmente forti e capaci di esprimere il nostro potere. Il non tenerne conto porta ai risultati che leggiamo quotidianamente sui giornali.

Perché quando eravamo bambini gli atti di bullismo erano meno violenti e anche più rari? Perché qualche decennio fa i bambini erano spesso all’aperto, potevano giocare, correre liberamente, sfogare la loro aggressività. Gli oratori, le ore di ginnastica, le partite di calcio, le corse nei campi, erano un ottimo modo per incanalare e sfogare l’aggressività e bruciare il cortisolo che produceva il Sé istintivo del bambino.

Inoltre le famiglie erano più solide, i genitori avevano mediamente più tempo per stare con i figli e per insegnare loro certi valori che, bene o male, aiutavano i ragazzi a comprendere fino a che punto potevano spingersi nelle relazioni interpersonali.

Oggi nelle grandi città i ragazzi sono soli, magari non hanno fratelli, quasi sicuramente non hanno la possibilità di correre, di fare sport e sfogare tutta l’energia fisica di cui dispongono. Passano ore a scuola, poi a studiare, poi davanti al computer, al telefonino, o alla televisione, dove apprendono valori che nulla hanno a che fare con l’amicizia, la fratellanza, l’onestà, la correttezza, la responsabilità, l’amore. Dove finisce tutta la loro energia? Come scaricano la loro sana aggressività?

Inoltre i valori che imparano sono ben lontani da quelli che ci hanno insegnato i nostri genitori, non per cattiva volontà dei loro papà e delle loro mamme, ma perché il più delle volte anch’essi tornano a casa la sera stanchi e stressati e non hanno neppure il tempo di parlare con i ragazzi, non hanno il tempo di confrontarsi, di ascoltarli, di comprenderli, di insegnare loro quali sono i valori più importanti della vita.

Di fronte a una tale situazione il fenomeno del bullismo è più che normale. È la diretta conseguenza del modello di vita che stiamo adottando. Non possiamo fare come gli struzzi e poi meravigliarci. Ciò che occorre è una presa di coscienza da parte di tutti, dalla politica, all’economia, alla scuola, alla famiglia.

Ci sarebbe tanto da dire e da fare su questo argomento e tanti potrebbero fornire validi suggerimenti. Da parte mia ritengo che le cose più importanti da fare siano due: primo, creare spazi dove tutti i bambini e i ragazzi possano fare sport e altre attività utili a incanalare e scaricare nel modo più corretto l’energia fisica. Secondo, fare sì che i genitori imparino a ritagliarsi il giusto spazio per parlare con i figli e diventare i loro primi maestri sui valori della vita. Non dimentichiamo che è sempre e solo nostra la responsabilità per ciò che viviamo e ciascuno di noi può fare molto. Prima di tutto cercando di guarire le nostre ferite emozionali che, inconsciamente, trasmettono dolore, rancore, e rabbia in chi ci è vicino. Solo così  riusciremo a insegnare con sincerità e con l’esempio i valori fondamentali che rendono l’essere umano a somiglianza di Dio. Solo allora potremo affermare con diritto: ma noi non siamo come i gatti.